Un nuovo film come attore, poi un nuovo film tutto suo. Ma prima, e soprattutto, una nuova voglia di vivere e lavorare, di lasciarsi definitivamente alle spalle il buco nero di cinque anni di depressione, grazie anche a un nuovo amore, biondo e di nome Ilaria.
Francesco Nuti (nella foto in una scena del nuovo film) ricomincia da qui, dal commissario Francesco De Bernardi che impersona nel film di Claudio Fragasso «Concorso di colpa», da oggi nei cinema.
Scritto da Rossella Drudi, il film racconta, con lo stile di un giallo, cosa ne è stato di cinque amici che negli anni Settanta militavano nella sinistra extraparlamentare e, anche con la violenza, sognavano di cambiare la società.
Un come eravamo e come siamo diventati che prende le mosse dalla morte di un sindacalista: un caso, sembrerebbe, di suicidio, affidato al commissario De Bernardi. Per Fragasso e sua moglie Rossella Drudi un film in parte autobiografico. «Ho vissuto quegli anni e quel clima, ho creduto in quell’utopia. Ora quei valori non esistono più — dice Fragasso — e su tutto prevale un dilagante, insopportabile cinismo».
Accanto a Nuti, Antonella Ponziani, Massimo Bonetti, Luca Lionello, Gabriele Ferzetti, Luigi Maria Burruano e Alessandro Benvenuti, l’amico degli esordi, del tempo dei Giancattivi, insieme anche ad Athina Cenci, con il quale l’attore toscano non recitava dal 1981. Cappellino in testa, occhiali neri, Nuti parla del film e di sè, gentile e disponibile, l’espressione seria che solo di rado si distende in un sorriso.
Nuti, un ritratto generazionale nel quale anche lei un po’ si riconosce?
«No, il mio percorso politico è stato diverso da quello di Fragasso. Io non facevo parte di gruppi extraparlamentari. Nel ’77 avevo ventidue anni e ero iscritto al partito, militavo nel Pci. Sono uno di quelli che hanno pianto quando c’è stata la svolta decisa da Occhetto, la svolta della Bolognina. Ho accettato di fare questo film non perchè mi riconoscessi in questa storia ma perchè leggendo la sceneggiatura mi è subito piaciuta moltissimo la figura del commissario De Bernardi: uno di poche parole, deciso, lucido, uno che riesce sempre a superare gli altri, a vedere la mossa da fare dopo. Anche uno che a casa, con la moglie e con il figlio, è terribile, che ha un’idea deleteria della famiglia».
Il suo primo ruolo drammatico?
«Sì, il primo. Del resto non avrei accettato altro genere di ruoli. Nella commedia mi dirigo da me».
A disagio nel fare solo l’attore?
«Ogni tanto la voglia di prendere la macchina da presa c’era. Del resto ho diretto undici film. L’attore gira una scena, lavora undici minuti e poi il resto del tempo lo passa dentro alla roulotte».
Veniva da un periodo personale difficile quando ha girato questo film.
«Ne ero ancora dentro».
Ora ne è uscito?
«Sì, ne sono fuori. Ho sofferto per cinque anni di depressione e non mi sono nascosto dietro a un dito, ho raccontato i miei problemi, ho detto quello che mi sentivo di dire. Sono stati cinque anni brutti ma anche utili perchè in questi cinque anni ho anche dipinto, scritto due sceneggiature e mi sono occupato di mia figlia Ginevra, che ora ha sei anni».
Cosa la ha aiutata a uscirne?
«Se ne esce, anche perchè a un certo punto ti rompi. E mi ha aiutato anche la mia compagna Ilaria».
Pensa di raccontare in un film quei cinque difficili anni?
«Non penso di farne un film. Ma sto scrivendo un libro con mio fratello Giovanni, che è medico e musicista: sono sue le musiche di tutti i miei film. Ci parliamo attraverso il computer. Potrebbe intitolarsi "Le mani in tasca" e partirà dall’infanzia».
A quando il suo prossimo film?
«Dovrei iniziare a girare a novembre, in Piemonte e in Valle D’Aosta. "Olga e i fratellastri Billy" sarà una commedia sofisticata con quattro protagonisti, due uomini e due donne».
Già scelti gli attori?
«Sì, ma per ora non posso farne i nomi».
Il tema?
«C’è l’amore ma anche una rapina».
Pronto?
«Prontissimo, è dal 2000, da "Caruso, zero in condotta", che non giro un film. Non vedo l’ora di cominciare».
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